Segnali orari – le sfere del tempo

Fino all’inizio del ‘700 e in certi luoghi anche oltre, le attività dell’uomo erano scandite dal rintocco delle campane che segnalavano l’ora della preghiera o il sorgere o il tramontare del sole. Ciò anche quando, a partire dalla fine del ‘400, molti campanili vennero dotati di orologio meccanico in sostituzione delle meridiane. Oltre alle campane si ricorreva all’uso di colpi di cannone per segnalare il mezzogiorno, quando il sole è in culminazione, il punto più alto dell’astro sull’orizzonte nel corso della giornata, una pratica, oggi manifestazione delle antiche tradizioni, molto diffusa in giro per il mondo, basta menzionare, senza andare lontani, la cannonata a salve di mezzogiorno sparata quotidianamente dalla collina del Gianicolo a Roma.

Soltanto nel ‘600, con l’invenzione del telescopio e dell’orologio a pendolo, gli scienziati ebbero la possiilità di misurare il tempo in minuti e secondi, ma ancora l’anno e il giorno rappresentavano le unità fondamentali del vivere quotidiano.

La conoscenza dell’ora nel corso della giornata divenne importante con la seconda metà del ‘700, quando lo sviluppo delle reti ferroviarie richiese la necessità di sincronizzare i diversi orari in uso nelle città lungo le tratte, soprattutto quelle dirette da est ad ovest lontane tra loro in longitudine (15° di longitudine portano una differenza di 1 ora).

Ma una buona ragione di conoscere l’ora esatta l’avevano soprattutto i marinai per poter determinare la loro posizione in mare. Se la latitudine veniva ricavata agevolmente già dal Medioevo, la longitudine poteva essere determinata solo con una misurazione esatta del tempo, la qualcosa fu resa possibile quando le tecnologie meccaniche raggiunsero il giusto livello di perfezionamento da consentire ad abili artigiani di realizzare degli orologi dell’affidabilità e precisione richieste in mare. Anche tale opportunità accadeva nella seconda metà del ‘700, prima di allora si tentarono inutilmente di applicare il metodo delle lune di Giove ( vedere articolo ), ideato da Galilei che risultò comunque utile per il perfezionamento delle carte nautiche, ma inadatto a bordo, e il metodo delle distanze lunari, basato sulle posizioni della Luna rispetto a ben definite stelle. Inizialmente furono le navi della marina inglese, la Royal Navy, a disporre a bordo di orologi di precisione, noti come cronometri, molto più precisi e costosi dei comuni orologi, capaci di mantenere nei viaggi l’orario di una posizione fissa, di solito il tempo del meridiano di Greenwich, permettendo di determinare a bordo la longitudine confrontando il mezzogiorno locale con quello del cronometro. Come si può intuire i cronometri andavano verificati almeno ogni volta che se ne presentava l’occasione pur sapendo che l’unico posto dove si poteva ottenere l’ora precisa era una torre astronomica dove venivano eseguiti i calcoli celesti per determinarla.

All’inizio dell’800 all’ammiraglio inglese Robert Wauchope (1788–1862) venne l’idea di sviluppare un metodo con cui comunicare l’ora precisa da un osservatorio astronomico alle navi. La sua invenzione consisteva in una grande sfera metallica cava che poteva scorrere su un palo mossa da un dispositivo ad un’ora definita secondo una ben precisa regola. La sua invenzione fu testata con successo nel 1829 a Portsmouth, in Inghilterra, sede dell’Accademia della Royal Navy. Quattro anni dopo anche l’osservatorio reale di Greenwich, che già dal 1819 si occupava della manutenzione dei cronometri marini della marina militare, fu corredato di una smile sfera, nota come Time ball. Nel 1836 il sistema fu installato anche a Liverpool ed Edimburgo, a cui seguirono diversi altri siti che dal 1850 circa non erano necessariamente osservatori essendo entrata in uso la telegrafia elettrica. Naturalmente il sistema fu abbandonato quando comparvero, all’inizio del secolo successivo, i segnali orari radiofonici. Ancora oggi “sopravvivono” in giro per il mondo alcune di tali sfere del tempo, come al Royal Observatory di Greenwich (UK), oggi facente parte dei Royal Museums.

Spedizioni navali nella Terra di Punt

La vita e la cultura degli abitanti dell’antico Egitto furono profondamente influenzate dal fiume Nilo, un valido contributo alle consistenti risorse di grano ed orzo che si coltivavano lungo le terre circostanti il suo percorso.
I contadini impararono a sfruttare le periodiche piene del fiume che al suo ritiro lasciava un fertilissimo strato di fango distribuito da opportuni sistemi di irrigazione. Se lungo il Nilo le aree erano ben coltivate oltre regnava il deserto tanto che gli spostamenti e gli scambi commerciali avvenivano principalmente lungo il fiume che aveva così anche il ruolo di unione delle varie comunità, dapprima nei due regni dell’Alto e Basso Egitto, poi, intorno al 2800 a.C., in un unico Regno noto come I Dinastia.
Oltre alla navigazione lungo questa importante via d’acqua gli Egizi si spinsero a nord nel Mediterraneo fino a Cipro, Creta e soprattutto Siria per approvvigionarsi di legno buono e duro adatto alla costruzione di navi in sostituzione delle prime imbarcazioni ricavate dalle canne di fiume e verso sud sul Mar Rosso per acquistare principalmente incenso, un prodotto largamente bruciato sugli altari d’Egitto ed impiegato dalle classi più ricche per ungere i morti.
Si racconta che venivano organizzate spedizioni a Punt, la misteriosa “terra di dio” un lontano paese meridionale non ben noto nemmeno agli Egizi, per acquistare mirra, animali selvatici vivi e morti, legni pregiati, avario e leghe di oro e argento. Probabilmente verso il 2500 a.C. una grande flotta fu inviata lì dal faraone Sahure per ritornare con un consistente e vario carico.
Un cenno al paese di Punt si ritrova in un papiro databile tra il 2040 e il 1782 a.C. (XI-XIII dinastia) noto come il Racconto del naufrago, una storia fantastica in cui Punt è presentato come un’isola ricca di mirra il cui sovrano è un serpente con una lunga barba. Un racconto fantastico ha quasi sempre un legame con la realtà: l’isola potrebbe essere Socotra sull’oceano a 400 km dalla costa meridionale dello Yemen. Per un approfondimento sul racconto, con una valida osservazione conclusiva, si rimanda all’articolo Il racconto del naufrago, una storia di 4000 anni fa raccontata dall’ammiraglio Andrea Mucedola su ocean4future.com

Intanto nella XII dinastia, ad opera del faraone Sestrorsis venne realizzato il primo canale navigabile che univa la parte orientale del delta con il Mar Rosso allo scopo di facilitare le importazioni di rame e pietra dal Sinai.

Nel XVIII sec. a.C. (XIII dinastia) l’Egitto fu interessato da lotte intestine che favorirono la penetrazione di un’etnia proveniente dall’est, gli Hyksos dotati di cavalli, fino ad allora sconosciuti in Egitto, un valido strumento nei combattimenti. Dopo circa un secolo saranno cacciati dal faraone Ahmose I che apre la XVIII dinastia dando inizio ad uno dei periodi più floridi della storia dell’Egitto. Dei vari esponenti di tale dinastia un posto particolare lo ebbe la sovrana Hatshepsut considerata dagli studiosi uno dei migliori faraoni della storia egizia. Nel corso del suo regno durato 22 anni fece realizzare e ripristinare centinaia di edifici in tutto l’Egitto tra cui il Tempio funerario di Deir el-Bahari sulla riva occidentale del Nilo, di fronte Tebe, oggi Luxor. Il tempio, dedicato al dio Amon-Ra, per le sue funzioni equiparabile a Zeus, è un complesso funerario di tre faraoni tra cui Hatshepsut.

Ed è proprio dalle iscrizioni trovate su una parete del portico della seconda terrazza del tempio funerario della regina che gli archeologi sono risaliti alla storia di una spedizione alla Terra di Punt organizzata per procurare alberi di mirra da piantare nel tempio in onore di Amon-Ra.
Nel nono anno del regno di Hatshepsut (intorno al 1490 a.C.) una flotta di navi (probabilmente salpata dall’antico porto di Wadi Gawasis, alla foce dell’omonimo fiume sulla costa del Mar Rosso) giunse a Punt dove la delegazione egiziana incontrò il sovrano Perehu e la corpulenta consorte Eti a cui furono dati in dono prodotti provenienti dall’Egitto. In cambio sulle navi furono caricati alberi di mirra, legni pregiati, scimmie ed altre inusuali mercanzie.

Poichè le spedizioni lungo il mar Rosso avevano come principale scpo l’approvvigionamento di incensi, principalmente mirra e franchincenso, è possibile che il termine Terra di Punt indicasse indistintamente l’Eritrea, la Somalia o lo Yemen, unici luoghi di raccolta di quelle resine.

Per maggiori dettagli si suggerisce la lettura dell’articolo Il Portico di Punt in cui Luisa Bovitutti fa una sintesi delle conoscenze attuali sull’argomento. Il nostro scopo invece è quello di segnalare che le iscrizioni del Tempio di Deir el-Bahari rappresentano a tutti gli effetti il primo documento di un viaggio di scoperta giunto fino a noi.

Nota: la pronuncia dei nomi dell’antico Egitto è convenzionale non conoscendo le regole fonetiche del linguaggio vocale

Astronomi dell’antichità

Prospetto dei principali personaggi del mondo antico ricordati per il loro contributo in astronomia e geografia.

Talete di Mileto uno dei primi pensatori scientifici della storia occidentale; gli vengono attribuiti i primi teoremi di geometria; la scoperta delle stelle dell’Orsa minore
Anassimandro a lui si deve l’introduzione dello gnomone in Grecia; immagina la Terra come un cilindro sospeso nello spazio; gli viene attribuita la più antica rappresentazione del mondo abitato
Pitagora filosofo e matematico greco, autore del famoso teorema che porta il suo nome
Parmenide uno dei primi filosofi a considerare la Terra una sfera
Erodoto storico, autore di un’opera le Storie utile alla comprensione di vicende anche antecedenti alla sua epoca
Platone filosofo greco, fondatore dell’Accademia, una influente scuola dell’antichità
Eudosso di Cnido matematico ed astronomo greco, fu artefice della diffusione di una Terra sferica e di un modello di universo costituito da sfere omocentriche (con lo stesso centro)
Pitea navigatore e geografo, famoso già nell’antichità per aver fatto un viaggio fino all’estremo nord dell’ecumene
Aristotele il più influente filosofo dell’antichità occupandosi di una vasta gamma di argomenti. Fu insegnante di Alessandro Magno
Dicearco allievo di Aristotele concepisce un ecumene rettangolare, probabile origine delle coordinate geografiche di latitudine e longitudine
Archimede uno dei più grandi scienziati della storia; si occupò di geometria, idrostatica, ottica, meccanica
Eratostene il primo ad aver misurato con precisione la circonferenza terrestre
Aristarco di Samo astronomo greco, noto per essere stato il primo ad aver ipotizzato una cosmologia eliocentrica
Seleuco di Seleucia astronomo greco, sostenitore della teoria eliocentrica di Aristarco di Samo
Ipparco di Nicea il più importante astronomo dell’antichità; realizzò la prima tabella delle corde (proto-trigonometria); scoprì la precessione degli equinozi
Posidonio di Rodi geografo e storico greco noto principalmente per aver proposto una dimensione della Terra notevolmente inferiore a quella di Eratostene, poi accettata da Cristoforo Colombo
Strabone geografo e storico greco, la cui Geografia è una fonte notevole per conoscere la storia e la geografia del mondo antico

Plinio scrittore romano noto per la Naturalis historia, un’opera i cui temi vanno dalla geografia alla zoologia, dall’antropologia alla storia dell’arte
Menelao matematico e astronomo greco, autore di un importante trattato di geometria sferica, lo Sphaerica
Marino di Tiro geografo greco artefice di un eucumene che ebbe influenza su Tolomeo
Tolomeo astronomo e geografo greco, autore di opere scientifiche, tra cui l’Almagesto e Geografia, che hanno avuto grande influenza nell’antichità

Quarte, rombi e mostrarombi

Quarta, (in ingl point) durante l’epoca della navigazione a vela corrispondeva ad una delle 32 divisioni (pari cioè a ¼ di 45°=11,25°=11° 15’) della rosa della bussola, unità di misura nel governo della nave (… vieni a dritta una quarta …) o l’angolo della prora con la direzione del vento (… le vele quadre possono stringere il vento fino a 6 quarte dalla prora, le vele di taglio fino a 4 quarte) o di un riferimento (il faro è a 3 quarte a sinistra). Un sottomultiplo della quarta era la quartina (mezza quarta).

Rómbo, ciascuna delle 32 parti, a forma di losanga, in cui è per tra­dizione suddivisa la rosa dei venti delle bussole nautiche e che pertanto rappresenta una direzione, quella della nave (rombo nave; linea dei rombi: linea lossodromica) e per estensione è il rilevamento di un oggetto o la direzione verso cui si sposta il moto ondoso o dalla quale spirano i venti. Ogni rombo ha un’ampiezza di una quarta da cui i due termini, seppure impropriamente, sono equivalenti. Nella cartografia il rombo era espresso da una coppia di numeri, il quadrante e poi il rombo, tra 1 e 7 a partire dalla direzione cardinale Est-Ovest. Con la scomparsa della vela ha prevalso l’impiego delle direzioni quadrantali.

Mostrarombi, in francese reinard, in inglese traverse board, nato all’epoca delle esplorazioni, era una tavoletta circolare con una rosa di 32 rombi, ognuno dei quali fornito di 8 fori in cui il timoniere inseriva un piolo in corrispondenza del rombo nave letto alla bussola. Tale operazione veniva eseguita ogni mezz’ora nel corso di un turno di guardia (di 4 ore da cui gli 8 fori), a partire dal cerchio di fori più prossimo al centro. Spesso la tavoletta era anche dotata in basso di quattro file orizzontali di fori che servivano a registrare la velocità letta al solcometro ad ogni mezz’ora. Al termine della guardia l’ufficiale (il mostrarombi era in uso principalmente sulle navi militari) prelevava i dati registrati con i quali il pilota tracciava la rotta. Dopo aver sfilato i pioli, assicurati da corte minutenze, la tavoletta era così pronta per una nuova registrazione.

Astrolabio nautico

A partire dal ‘400 la crescita delle navi e quindi del loro costo e quello dei carichi, diede l’impulso al miglioramento delle tecniche di navigazione che si erano basate esclusivamente su una profonda conoscenza dei movimenti quotidiani del sole e di alcune stelle di cui si stimava ad occhio l’altezza per scegliere la direzione di rotta e determinare la posizione della nave quando si era lontani dalla costa. Fu così che durante il XV e il XVI secolo la ricerca di modi più precisi e meno soggettivi per compiere in mare le osservazioni astronomiche portò allo sviluppo di nuovi strumenti di navigazione, spesso adattamenti di strumenti già impiegati dagli astronomi.

Il primo strumento astronomico convertito all’uso nautico fu il quadrante a cui seguì, intorno alla fine del ‘400, l’astrolabio nautico, entrambi non di facile uso per la difficoltà di mantenere verticale il filo a piombo, nel primo strumento e a collimare una stella per il secondo, sul ponte ventoso di una nave soggetta a continue oscillazioni.

L’astrolabio nautico fu derivato da quello planisferico (a sua volta evoluzione in forma piana dell’ancora più antico astrolabio sferico), noto almeno dal IV secolo e considerato il più importante strumento astronomico del Medioevo.
Spogliato delle complesse scale e delle proiezioni stereografiche, l’astrolabio nautico conteneva solo una semplice scala graduata e un’alidada con due traguardi, le pinnule, un insieme utile a compiere la misura dell’altezza del sole e delle stelle, l’unica consentita dallo strumento, necessaria, con l’uso di tavole astronomiche, fondamentalmente di declinazione del sole, alla stima della latitudine.

Le osservazioni venivano condotte sospendendo da un anello l’astrolabio in posizione verticale (una parte più pesante dello strumento faceva da contrappeso riducendo le oscillazioni) poi, orientato il disco nel piano del verticale dell’astro, si faceva ruotare l’alidada fino a far collimare l’astro con i fori delle due pinnule.
Per il sole si regolava l’alidada in modo che il raggio dell’astro nel passare per il primo foro proiettasse la luce sull’altra pinnula in corrispondenza del relativo foro. Il vantaggio di misurare l’altezza del sole era quello di non dover sollevare lo strumento contenendo così le vibrazioni. Anche per ridurre l’azione del vento lo strumento era dotato di ampie aperture.
In ogni caso la precisione di una misura non scendeva mediamente sotto i 3°.

Numerose erano le forme e gli stili degli astrolabi nautici il cui uso fu adottato per primo dai portoghesi impegnati nell’esplorazione dell’Africa occidentale e poi dagli spagnoli.
Tipicamente il diametro era di 20 cm, realizzato in bronzo per un peso non inferiore ai 2,5 kg e spessore di 2 cm. Si realizzavano anche astrolabi in legno di maggiori dimensioni per misure a terra, fissati ad un tripode, come quello impiegato dal piloto della spedizione di Vasco de Gama per ottenere una misura di latitudine più precisa.
Anche Colombo ne fece uso (insieme al quadrante più semplice,ma meno preciso), pur rendendosi conto delle difficoltà nell’impiegarli con mare formato.

Se negli ordinari astrolabi nautici la risoluzione di lettura era di 1°, con il ‘600 comparvero strumenti forniti di scala ticonica, così detta perché introdotta dall’astronomo danese Tycho Brahe (1545-1601), la cui risoluzione raggiungeva i 10′, valori che potevano essere sfruttati solo in misure sulla terraferma.
A tal proposito si rimanda ad un approfondimento sulla storia dell’accuratezza degli strumenti nautici in altra parte del sito

Cartografia Tolemaica – Seconda proiezione

In tale secondo metodo cartografico la sfera terrestre, rispetto alla prima proiezione, viene ruotata intorno all’asse est-ovest, spostando lo sguardo dal parallelo di Rodi (36° di latitudine nord) a quello del tropico del Cancro (a 23°30′ nord ) con la città di Siene, l’odierna Assuan, che si viene così a trovare al centro dell’ecumene. In questo modo il circolo dell’equatore è visto iniziare in corrispondenza dell’orizzontale condotta nel punto di incrocio tra il meridiano centrale e il parallelo di Siene.

L’intera costruzione dell’ecumene giace in un rettangolo largo 180 unità (metà sfera) ed alto 90, venendosi a trovare tra il parallelo passante per anti-Meroë e quello per Thule. Con semplice costruzione grafica si ricava il centro da cui poter tracciare gli archi di cerchio dell’equatore e dei paralleli passanti per Thule, Siene e anti-Meroë.

Tolomeo poi procede nell’esposizione (nell’opera Geographia non vi sono parti grafiche, ma solo descrizione dei metodi di costruzione) suddividendo l’arco equatoriale in 18 parti uguali di 5° ognuna, per ciascuna metà, a destra e a sinistra, rispetto al meridiano centrale (5×18 = 90°).

Vengono poi suddivisi anche gli altri paralleli nello stesso numero di parti ma di valore legato alla latitudine corrispondente (5xcos(ϕ)).

Per il resto della disegnazione, che comprende la costruzione dei meridiani tracciati anch’essi come archi di cerchio, a differenza della prima proiezione, si rimanda a un video del Museo Galileo di Firenze che permette di comprendere agevolmente il procedimento grafico complessivo.


Cartografia Tolemaica – Geographia e prima proiezione

Mentre la Sintassi matematica, l’opera più importante di Tolomeo, meglio nota come Almagesto, titolo assegnato dagli arabi (combinazione dell’articolo arabo al e della parola greca megisti, massimo), era già disponibile nel XII sec., tradotta dall’arabo in latino, la Geographia, l’altro importante trattato tolemaico, apparve in Europa solo alla fine del XIV secolo. Artefice fu l’umanista bizantino Emanuele Crisolora (1350-1415) che nel 1397, trasferendosi da Costantinopoli a Firenze per insegnare il greco, portò con sé alcuni codici greci tra cui la Geographia. La traduzione fu iniziata dallo stesso Crisolora che la portò avanti per due anni per poi essere conclusa dal suo allievo Iacopo Angeli da Scarperia (1360-1410) tra il 1406 e il 1409. L’interesse degli studiosi per l’opera fu immediata ed entusiasta sia per la ricchezza della toponomastica antica sia per le istruzioni rivolte a rappresentare sul piano la sfericità di quella parte della Terra allora conosciuta, l’ecumene.

La Geographia, ad oggi il più antico trattato teorico di cartografia completamente conservato, fu scritto da Claudio Tolomeo (90-170 dC) intorno al 150 dC. In tale opera è presente un lungo elenco di luoghi (più di 6000) con le relative coordinate di latitudine e longitudine e le istruzioni per la costruzione di tre proiezioni cartografiche con le quali poter riportare graficamente i dati dell’elenco allegato al trattato che non includeva alcuna mappa, come a dire: vi fornisco un metodo e i luoghi e voi realizzate le mappe.

I primi cartografi che tradussero graficamente quanto riportato nell’opera furono il fiorentino Piero del Massaio e i tedeschi dal nome italianizzato Don Niccolò Germano e Arrigo Martello, attivi a Firenze nella seconda metà del XV secolo. Martello fu quello che maggiormente si occupò del testo tolemaico dalla realizzazione dell’ecumene nelle due prime proiezioni, alle 27 tavole regionali che concludevano l’opera nonchè all’integrazione ed aggiornamento con nuove mappe regionali.

Prima proiezione
Si tratta di una proiezione conica (o almeno apparentemente conica) costruita geometricamente secondo valori indicati da Tolomeo ma senza darne una spiegazione. Essa si sviluppa a partire dal vertice H del cono, non corrispondente al polo nord, che è centro di costruzione di un cerchio di raggio pari a 79 unità (le unità rappresentano gradi), corrispondente al parallelo di Rodi (36° N). Tale cerchio viene suddiviso, a destra e a sinistra rispetto alla verticale HZ, in un certo numero di unità tali da avere uno sviluppo complessivo di 180° di longitudine (l’estensione prevista da Tolomeo dell’ecumene).

Sempre con centro in H si traccia un nuovo cerchio distante dal primo 36 unità, rappresentativo dell’equatore. Il prolungamento dei segmenti HG e HL con l’equatore definiscono i limiti occidentale ed orientale dell’ecumene.

Si traccia poi il parallelo di Thule (63° N) distante 63-36 = 27 unità dal parallelo di Rodi. Le suddivisione sull’arco GKL unite con il vertice e prolungate fino all’equatore forniscono la rappresentazione dei meridiani.

La parte sottostante l’equatore, che si estende di circa 16 unità delimitata dal parallelo di latitudine 16°25′ S, non segue l’andamento della proiezione dell’emisfero nord, ma viene costruita riportando i valori di longitudine letti sul simmetrico parallelo nord (per una maggiore leggibilità i disegni riportano la griglia dei meridiani con passo di 10°; nell’originale il passo è di 5°). Tolomeo chiama tale parallelo, limite meridionale dell’ecumene, parallelo “anti-Meroe”, detto così da Tolomeo perché simmetrico a quello passante per la città di Meroe, situata sulla sponda orientale del Nilo, tra l’Egitto meridionale e il nord del Sudan, anticamente capitale del regno Kush, prossimo a quello egiziano con cui nel corso dei secoli ebbero scambi commerciali, cullturali ma anche contrasti sfociati in guerre.

Eratostene e la misura della Terra

Nel IV sec. a.C., una volta accettata l’idea di una Terra sferica, un’ipotesi risalente a quasi due secoli prima di Parmenide e Pitagora, si pose il problema di conoscerne le dimensioni. Diversi astronomi si cimentarono nel valutare quanto fosse grande, ma sicuramente la più nota determinazione fu quella di Eratostene di Cirene (III sec. a.C.), direttore della biblioteca di Alessandria in Egitto, che applicò un ingegnoso metodo matematico geometrico la cui descrizione (quella originaria è andata perduta) è riportata in forma semplificata in due pagine del Caelestia, il trattato di astronomia di Cleomede, un astronomo greco vissuto circa due secoli dopo.
Eratostene sapeva che nel giorno del solstizio d’estate, mentre il Sole di mezzodì era allo zenit di Siene, tanto da illuminare come descrive Cleomede il fondo dei pozzi, ad Alessandria, stessa ora e giorno, i raggi solari formavano con la verticale un angolo che Eratostene aveva calcolato essere 1/50 della circonferenza, corrispondente all’arco di meridiano tra le due località. Nota in 5000 stadi la distanza tra i due luoghi, la lunghezza del meridiano risultava, con semplice proporzione, 50×5000 = 250.000 stadi.

Il racconto di Cleomede è solo indicativo del metodo adottato da Eratostene, che va letto tenendo conto del livello di conoscenze scientifiche di allora.
La storia dell’assenza di ombra a Siene rispetto ad Alessandria andrebbe interpretata come una notizia giunta ad Eratostene che dava conferma della sfericità della Terra piuttosto che l’occasione per l’esecuzione della misura. L’ipotesi più affascinante, segno di una visione geometrica e matematica del problema, fu quella di aver considerato i raggi solari paralleli, conseguenza di un Sole ritenuto assai lontano dalla superficie terrestre. La misura dell’inclinazione dei raggi solari, ottenuta con lo gnomone, fu ricavata in maniera diretta, con una corda tesa dall’estremità superiore dell’asta all’estremità dell’ombra e quindi impiegando un cerchio suddiviso in tante parti uguali, in effetti un goniometro. Si deve escludere un metodo indiretto (altezza e lungh. ombra) non tanto perché la trigonometria applicata ai triangoli comparirà molti secoli dopo, ma perché i metodi della corda (equivalente alla funzione seno) per essere applicati avevano bisogno di tabelle che compariranno con Ipparco di Nicea un secolo successivo. Poichè Siene non è sul tropico, ma appena più a nord, il valore di 1/50 è, con molta probabilità, la differenza degli angoli delle ombre letti agli gnomoni nelle due località nello stesso giorno di riferimento (ad esempio al solstizio).
Infatti il valore angolare espresso in frazioni misurato da Eratostene era 1/50 di 360° corrispondente a 7°,2 un valore del tutto corretto se si pensa che tra Alessandria e Assuan, l’odierna Siene, la differenza di latitudine è di 7°,1.

Si noti che i numeri decimali, la cui origine si deve ai matematici indiani, compariranno in Europa più di 1000 anni dopo attraverso l’evoluzione e tramissione da parte degli arabi e per il tramite dell’italiano Leonardo Pisano, detto Fibonacci (1170-1240).

La distanza tra le due località di 5000 stadi, invece, è affetta da errore (per eccesso) avendole considerate sullo stesso meridiano. A questo punto per poter comprendere lo scostamento del valore ricavato da Eratostene rispetto al valore stimato oggi del meridiano terrestre occorre conoscere quanto vale in metri uno stadio. E qui nascono i problemi. Secondo gli studiosi che si cimentarono alla fine dell’800 il valore sarebbe compreso tra 157,5 e 163 metri, valori che conducono ad un errore della misura di poco meno del ± 2%. Un risultato di tutto rispetto.

Coordinate delle due località:
Assuan 24,1° N 32,9° E
Alessandria 31,2° N 29,9° E

La Terra intorno al Sole

Già in epoca ellenistica (IV sec. a.C.) erano noti i fenomeni legati ai moti della Terra (rotazione intorno al suo asse e rivoluzione intorno al Sole): in particolare i momenti dei solstizi e degli equinozi. Nei primi la durata di luce (il giorno) è massima (solstizio d’estate) o minima (solstizio d’inverno), negli equinozi (di primavera ed autunno) il tempo che intercorre tra il tramonto e il sorgere del Sole, la notte, è uguale al successivo intervallo tra il sorgere e il tramonto, il giorno, dal latino aequa nox, notte uguale (al giorno).

Come sappiamo la visione era però quella di una Terra ferma, mentre Sole ed astri le ruotano intorno, un movimento che diverrà apparente molti secoli dopo, ma che risulta ancora oggi il miglior schema di rappresentazione dell’astronomia nautica.

La Terra gira intorno al Sole, in senso antiorario, secondo un’ellisse di ridotta eccentricità, in cui l’astro occupa uno dei fuochi, e con l’asse terrestre di rotazione inclinato rispetto al piano dell’orbita di circa 23° 27′, un angolo noto come obliquità dell’eclittica (in origine il percorso apparente del Sole nell’arco di un anno sulla sfera celeste), un valore probabilmente già noto nel V sec. a.C. (in origine valutato in 23° 44′).
Anche il moto apparente del Sole sulla volta celeste avviene in senso antiorario (moto diretto), nello stesso senso del moto di rivoluzione della Terra, da ovest verso est lungo lo zodiaco, in senso opposto a quello diurno dovuto alla rotazione della Terra, da est verso ovest. Lo spostamento giornaliero del Sole verso est è mediamente di circa 1° (360°/365gg), vale a dire se il Sole passa al meridiano insieme a una stella, il giorno dopo passerà circa 1° (4 min) dopo quella stella. Una condizione simile si verifica con la levata eliaca (la prima apparizione all’alba nel cielo orientale di una stella), resa possibile quando, dopo qualche giorno, il Sole si è allontanato dalla stella rendendola visibile. Altro esempio in cui tale scostamento si manifesta è quello per cui andando verso oriente il Sole sorge 4 min prima per ogni grado di longitudine.

Per quest’ultimo caso vale un episodio della famosa spedizione intorno al mondo di Magellano-Elcano. All’arrivo a Capo Verde, dopo tre anni, l’equipaggio si stupì che la data registrata a bordo del 9 luglio 1522 era di un giorno indietro rispetto alla data locale del 10 luglio 1522. Eppure ogni giorno avevano riportato la data nei registri di bordo.
Avevano viaggiato verso oriente perdendo così un giorno, nella stessa direzione del moto apparente del Sole.
E pensare che tale “fenomeno” era stato già indicato dagli arabi in testi di geografia tradotti in latino. Sarà il cardinale Gasparo Contarini (1483-1542), molto interessato alle scienze, in particolare all’astronomia, ambasciatore alla corte dell’imperatore Carlo V (1500-1558), il finanziatore dell’impresa, a fornire qualche tempo dopo la spiegazione del fenomeno, inizialmente considerato un castigo divino.

Nel corso di un anno (continuando in una esposizione geocentrica) i raggi del Sole raggiungono la Terra (considerata ferma e con l’asse dritto) con una inclinazione rispetto all’equatore terrestre variabile da un valore massimo di 23° 27′ nord a un valore di 23° 27′ sud passando per 0° . In astronomia l’inclinazione degli astri rispetto all’equatore celeste (il piano ortogonale all’asse attorno al quale le stelle fisse appaiono ruotare) prende il nome di declinazione costituendo con l’ascensione retta la coppia di coordinate equatoriali. Se le stelle presentano ognuna una coppia di coordinate che muta poco negli anni, Sole, Luna e pianeti le hanno variabili, ma tali da trovarsi all’interno dello zodiaco (da zoo, animale, per il maggior numero di costellazioni dal nome di animale), una fascia di 16° della sfera celeste a cavallo dell’eclittica suddivisa in 12 parti (già in uso presso i babilonesi-VI sec. a.C.), ognuna larga 30°, costituenti i segni dello zodiaco: Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario e Pesci.

Il moto apparente del Sole, per convenzione, viene fatto partire dall’equinozio di primavera che corrisponde all’entrata del Sole nel segno dell’Ariete (in realtà tale era la costellazione di oltre 2000 anni fa, oggi nella costellazione dei Pesci per il fenomeno di precessione degli equinozi). Tale punto iniziale è detto punto gamma, primo punto d’Ariete o punto vernale (dal lat. ver, primavera). Il punto gamma è un riferimento importante in astronomia nautica, origine del computo dell’anno tropico e dell’ascensione retta.

Quando la declinazione del Sole è 23° 27′ nord i raggi solari sono perpendicolari (a meno di errori dovuti alla non perfetta sfericità della Terra) al parallelo di eguale latitudine denominato tropico del Cancro (dal lat. tardo tropĭcus, circolo e Cancro il segno zodiacale in cui nel IV sec. a.C. entrava il Sole del solstizio). Analogamente i raggi sono perpendicolari al tropico del Capricorno nel solstizio d’inverno. I luoghi presenti nella fascia tra i due tropici sperimentano in due giorni dell’anno il sole allo zenit (senza ombre a mezzogiorno). Analogamente nelle zone a nord del circolo polare artico e a sud di quello antartico, che hanno latitudine complementare a quella dei tropici (66°33’), si verifica che in qualche giorno dell’anno il Sole non sorge o non tramonta.

Durante l’anno l’arco di cielo percorso dal Sole si modifica in posizione ed altezza (facendo riferimento all’Emisfero settentrionale):
equinozio di primavera (20-21 marzo) levata ad est e tramonto ad ovest. l’altezza del sole a mezzogiorno corrisponde alla latitudine del luogo
– il Sole si sposta più verso Nord, descrivendo un arco via via più alto e il giorno dura più a lungo
solstizio d’estate (20-21 giugno) il Sole raggiunge la massima altezza sull’orizzonte
– la declinazione decresce, il Sole descrive un arco via via più basso
equinozio di Autunno (22 o 23 Settembre) valgono le condizioni dell’altro equinozio
– il Sole si sposta più verso Sud, descrivendo un’arco sempre più basso sull’orizzonte
solstizio d’inverno (21 o 22 dicembre), in cui il Sole è alla minima altezza a mezzogiorno con un minimo di ore di luce
– la declinazione torna a crescere e il punto in cui sorge il Sole comincerà a tornare verso il punto cardinale Est

Strumenti per carteggio nautico

Il tracciamento manuale sulle carte nautiche dei rilevamenti e delle rotte è facilitato da strumenti di disegno di varia forma, comparsi nel corso degli ultimi 200anni, tutti derivati da quelli che sono le attrezzature di base, la riga e il cerchio graduato. L’unico strumento di disegno che non ha subito variazioni è il compasso. L’introduzione di nuovi attrezzi si rese necessaria per rendere più veloce e preciso il tracciamento sulle carte, quello che gli inglesi chiamano brevemente plotting.
Oggi, con l’avvento delle carte elettroniche e dei sistemi di posizionamento satellitare, carteggiare sembra necessario solo all’esame di patente.

Alle suddette attrezzature di base, verso la fine del ‘700 fece la comparsa sulle navi la riga parallela con cui si poteva eseguire più rapidamente il trasporto di una rotta o di un rilevamento, operazione base del carteggio.
In effetti l’invenzione originaria della riga parallela, datata 1584, fu del matematico italiano Fabrizio Mordente (1532-1608), meglio noto per un altro suo strumento, il compasso ad 8 punte, un particolare compasso appartenente alla classe dei compassi proporzionali o di proporzioni che, basandosi sulle proprietà dei triangoli, permisero di compiere, a partire dalla fine del ‘500, le prime operazioni matematiche, dalle radici quadrate al calcolo delle circonferenze.
La parallela, composta da due righe unite da due bracci (o tre per i modelli più grandi) che ne permettono l’avvicinamento o l’allontanamento mantenendole parallele, venne migliorata con l’aggiunta lungo il bordo di una scala goniometrica, facilitando così la lettura di rilevamenti e rotte. Una tale semplice idea venne a un capitano di marina inglese William Andrew Field (1796?-1871) che a poco più di 30 anni aveva lasciato la vita di marinaio per quella di contadino in una campagna della costa del Galles. Nel febbraio del 1833, mentre era intento al lavoro nei campi vide una nave incagliata sul basso fondale oltre la scogliera di protezione della sottostante spiaggia, con lo scafo spezzato in due, gli alberi divelti e le onde che si frangevano sul relitto e i suoi occupanti. Non si perse di coraggio; si tuffò nell’acqua gelida seguito poco dopo da due volontari. Fecero più volte il tratto agitato di mare tra la scogliera e il relitto riuscendo a portare a terra le 18 persone di bordo, tra marinai e passeggeri, di quello che rimaneva della nave, il brigantino siciliano Felicita. Purtroppo 4 di esse non sopravvissero per le ferite provocate dagli urti sulla scogliera. Due anni dopo Field e i due volontari ricevettero una medaglia d’argento dalla RNLI (Royal National Lifeboat Institution).

Una variante di riga traslabile parallelamente sulla carta è il modello “a rulli” (in ingl. Rolling Parallel Ruler) la cui invenzione è antecedente (1771) a quella di Field, accreditata all’inglese A. George Eckhardt (1740-1810) che la ideò per l’impiego nel disegno tecnico.

Altro strumento da carteggio fu lo staziografo (in ingl. station pointer), inventato nel 1801 da Joseph Huddart (1741-1816), idrografo e ingegnere inglese, all’epoca apprezzato anche per aver perfezionato le tecniche di fabbricazione dei cordami di marina, impiegato sulle navi (specie in attività idrografiche) per determinare il punto nave con due differenze di rilevamento di tre punti cospicui (un tempo il metodo più preciso per la determinazione del punto nave nella navigazione costiera). La tracciatura sulla carta veniva resa più sicura e soprattutto veloce (la tracciatura avviene con nave in movimento) usando proprio tale attrezzo di disegno costituito da un cerchio graduato fornito di tre aste o braccia di cui la centrale fissa, mentre le laterali possono essere ruotate mediante viti micrmetriche con cui impostare i due valori Δα.
Posizionato lo staziografo sulla carta (come da schema), con la punta di una matita in un foro, di cui è fornito il centro del cerchio graduato, ovvero mediante un bottoncino a molla corredato di matita, veniva segnato il punto nave.

Quando divenne matura la tecnologia della plastica con prodotti stabili (nelle dimensioni e nei segni), sicuri (la celluloide, il primo esempio di plastica, nata nella seconda metà dell’800, era facilmente infiammabile), trasparenti per consentire la coesistenza di righe e goniometri in un unico strumento di tracciatura, furono ideati diversi attrezzi, di cui il più noto è la squadretta nautica (in ingl. navigation protractor triangle), più diffusa da noi e meno tra gli anglosassoni che hanno preferito le parallele. La squadretta nautica (disponibile a coppia per gli spostamenti paralleli) ha la forma di un triangolo isoscele con angoli di 45°. Il lato più lungo, l’ipotenusa, è la linea di tracciamento con una scala graduata in mm, mentre sul corpo trasparente è visibile un goniometro a semicerchio la cui scala graduata in gradi si estende fino ai cateti per permettere le misure angolari sulla carta. In Italia sono le uniche attrezzature (oltre al compasso) richieste per sostenere gli esami di patente nautica per vela e motore.

Oltre alle squadrette sulle imbarcazioni da diporto (specie quelle francesi) si possono trovare dei regoli, sempre in materiale plastico trasparente, di più facile impiego (comunque meno precisi) tra cui il regolo Cras, dal nome dell’inventore, il francese Jean Émile Paul Cras (1879-1932) che lo ideò intorno al 1920 e il regolo bretone, impiegato per la sua faciltà d’uso soprattutto sulle piccole unità, un’invenzione del 1979 del bretone Yvonnick Gueret, capitano di marina mercantile, insegnante di navigazione nello yachting. A Cras è riconosciuto il merito di aver dedicato la vita alla marina fino a divenire contrammiraglio, senza abbandonare l’altra sua passione, quella di autore di composizioni musicali ispirate dalla sua nativa Bretagna e, soprattutto, dai suoi viaggi per mare.

Per concludere qualche nota sul termine compasso. Derivato da compassare (dal lat. passus (con), nel senso di misura), misurare con precisione, un termine ormai scomparso, da cui compassato, detto di colui che agisce con eccessiva ponderazione, controllo, misurato. Oggi il termine compasso identifica quegli attrezzi a due aste impiegati per tracciare archi di cerchio o per rilevare una misura o eseguirla (compasso proporzionale). Noto pure come sesta, un termine in uso anche nella nautica, corrispondente alla sagoma di una parte (in genere le coste) di una barca.
Anticamente altro significato era quello assegnato a un fregio geometrico a linee curve, un rosone, un termine che nel Medioevo venne assegnato a quel particolare reticolato che ricopriva le carte portolaniche che in qualche modo ne ricordavano la forma. Per estensione il termine fu anche assegnato ai portolani, tra cui il più antico è proprio chiamato Lo Compasso de navegare (1250-1260). Nel ‘300 nella nostra penisola il nuovo strumento di orientamento, detto, prima bossola, poi bussola per il suo originario contenitore in legno di bosso, venne corredato di rosa, il compasso, termine che in altre marinerie (inglese, tedesca, olandese) è stato assunto ad indicare lo strumento intero (compass, kompass). I francesi adoperano indifferentemente boussole o compas.
Un’ulteriore curiosità riguarda lo strumento da disegno che mentre in italiano è sempre compasso, nella lingua inglese è divider lo strumento a due punte mentre compass è quello in cui una gamba è corredata di punta di matita per tracciare.