Quadrante nautico

Il quadrante, detto così per la sua forma di quarto di cerchio, la cui origine si fa risalire all’epoca dei Caldei e Babilonesi (IX sec. a. C.), fu impiegato per misurare l’altezza di un astro o la distanza angolare tra due corpi celesti. Tolomeo (I- II sec. d. C.) lo descrive nel suo Almagesto e a quanto pare era lo strumento già impiegato da Ipparco di Nicea (II sec. a.C.) ed Eratostene (III sec. a.C.) nelle loro osservazioni astronomiche. Strumento fondamentale dell’astronomo dell’antichità era fisso e spesso di grandi dimensioni.
Una versione più semplice fu introdotta a bordo solo nel ‘300, importata in Spagna dagli arabi, anche se i quadranti più antichi portati alla luce dai ritrovamenti archeologici sono databili intorno al 1460. In tali strumenti non appaiono le tipiche suddivisioni in gradi dei quadranti successivi (1480) ma piuttosto i valori delle latitudini delle destinazioni più comuni.
A tal proposito occorre tenere presente che solo all’inizio del ‘400 i portoghesi scoprirono che l’altitudine del sole a mezzogiorno o della stella polare di notte poteva essere convertita, con una semplice operazione matematica, in gradi di latitudine terrestre, l’angolo variabile tra 0° all’equatore e 90° al Polo Nord. Nel 1415 gli astronomi insegnarono ai piloti, inviati dal principe Enrico il Navigatore alle scoperte oltre il Mediterraneo, come usare il quadrante per ricavare la latitudine in mare.

Quello di bordo era uno strumento essenziale, naturalmente mobile potendo ruotare così da traguardare l’astro, attraverso due mirini posti su un lato, leggendo poi il valore dell’angolo di altezza rispetto all’orizzonte dall’indicazione fornita da un filo a piombo sulla parte curva del settore graduato da 0° a 90°. Fu proprio la sua semplicità a favorirne la diffusione a bordo fino a tutto il ‘400, ma anche oltre: Colombo lo descrive alla data del 23 febbraio del 1493 del giornale di bordo del suo primo viaggio. Si comprende che la precisione dello strumento era influenzata, tra l’altro, dalle sue dimensioni e delle inevitabili oscillazioni del filo a piombo causate dal vento e dal movimento della nave. Non era raro che una seconda persona eseguisse la lettura mentre la prima si concentrava sull’osservazione.

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