Caracca

Sappiamo che Genovesi e Veneziani, intorno alla prima metà del ‘300, trovarono interessante la cocca. Non si sa per quali motivi, probabilmente per la vela quadra con le boline che permettevano di stringere meglio il vento, per il timone centrale ma anche per una costruzione e una gestione più economica rispetto alle loro grosse navi tonde da trasporto che già dal secolo precedente essi costruivano con uno o due alberi a vela latina e timoni laterali, chiamate genericamente navis con cui trasportarono i crociati inglesi e francesi in Terrasanta: nel 1268 i Veneziani costruirono per Luigi IX una grande nave, la Roccaforte di ben 500 ton a vele latine, mentre i Doria di Genova si fecero costruire un veliero di 25 m da 600 ton (un valore non comune a quell’epoca) capace di trasportare 100 marinai, il Paradisus Magnus, impiegato sulla rotta Genova-Tunisi-Terrasanta.

Con l’inizio del ‘400 la cocca, che i veneziani chiamavano navis quadra, divenne rara nel Mediterraneo e ben presto anche tra le flotte del Nord. Le nuove unità, pur mantenendo le originarie caratteristiche delle cocche, alte di bordo con pronunciati castelli, divennero più solide con scafi realizzati in strutture scheletrate rinforzate da spesse cinte e suole di coronamento, una condizione indispensabile sia per le maggiori dimensioni sia per garantire la solidità nelle attività di carenamento richieste dal fasciame latino. In tale evoluzione costruttiva si aggiunse ben presto, all’originale albero di maestra a vela quadra, un secondo albero di mezzana con vela latina, tipica del Mediterraneo.

Mentre le denominazioni generiche di tali navi nel Mediterraneo erano nau da parte dei portoghesi e nao per i genovesi e spagnoli, i francesi usavano caraque e gli inglesi carack, termini derivati da carraca trasmesso dagli spagnoli, probabilmente a sua volta dall’arabo ḥarrāqa, brulotto (piccolo battello carico di materie infiammabili ed esplosive lanciato contro un bersaglio per incendiarlo o farlo saltare in aria). Da qui il termine italiano caracca.

Un ulteriore progresso in tale rapida evoluzione fu l’aggiunta di un terzo albero, quello di trinchetto (una prima illustrazione di caracca a tre alberi si trova in un manoscritto catalano del 1406). Gli alberi, di altezza differente, tutti forniti di coffa, erano ora realizzati, per le unità più grosse, in due parti, fuso maggiore e albero di gabbia. Dalla metà del ‘400, in qualche caso fu aggiunto un quarto albero a poppa, detto di bonaventura o di contromezzana anch’esso a vela latina. I castelli, soprattutto sulle unità militari, furono realizzati in più livelli circondati da balaustre o da grigliati. Per le vele si ebbe un primo frazionamento con una vela di trinchetto e una di basso parrocchetto, una vela di maestra con una bassa gabbia e l’aggiunta di una vela al bompresso, detta di civada.
La spinta allo sviluppo della caracca, che durerà fino alla metà del XVII sec., fu originata dalle esigenze delle prime navigazioni esplorative oceaniche che richiedevano una nave di grandezza tale da essere autosufficiente nei lunghi viaggi in altomare, ma al tempo stesso con buone doti di manovrabilità in vicinanza delle coste.
Genovesi e catalani furono gli autori di un tale rapido progresso nella costruzione navale tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400 e furono i genovesi a introdurre tali innovazioni nell’area atlantica.

In Inghilterra, a Southampton, solo nel 1416 venne varata l’Anna, la prima caracca a due alberi a cui seguirà nel 1418 il Grace Dieu. Anche la costruzione dello scafo scheletrato con fasciame a paro avvenne nella seconda metà del ‘400. Per realizzare un tale tipo di struttura occorreva una competenza che i costruttori navali dell’Europa settentrionale apprendevano più lentamente tanto che i francesi inizialmente per poter costruire scafi di tale tipo dovevano assumere artigiani specializzati dal Mediterraneo.

Le caracche così furono le protagoniste di buona parte delle esplorazioni geografiche del XV secolo. L’ammiraglia nel primo viaggio di Colombo, la S. Maria (1489-1492) di 230 t di dislocamento, lunga 21 m al galleggiamento, era probabilmente una caracca (Colombo nel suo diario la definisce nao).

Maestri nella costruzione di caracche da battaglia furono gli inglesi, ed esempi sono il Mary Rose (1510-1545), dislocamento 700 t per circa 40 m, 400 uomini di equipaggio e 78 cannoni e Henri Grâce à Dieu (1514-1553?) 1200 t per 50 m di lunghezza. Una imponente costruzione fu la caracca portoghese Madre de Deus (1589-1600) di 50 m 1600 t di peso. Un’altra storica caracca fu il Victoria (1500- ?) 180 t per 27 m, la prima nave a circumnavigare il globo nella spedizione di Magellano.

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